Cronaca di un eccidio a Nardò, nel 1647
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Re: Cronaca di un eccidio a Nardò, nel 1647
20 agosto
Furono archibugiati il 20 agosto 1647 alle odierne ore 15 (anticamente ore 19) in località "Ranfa", in un canneto dietro la chiesa dei Paolotti, ove oggi vi è Via Umberto Maddalena. Dopo archibugiati gli furono tagliate le teste. "...detti preti non mancarono, da che uscirono dal Castello, dove stavano carcerati, in sino all' ora della morte salmeggiare e dire diverse divozioni, dandosi animo uno con l' altro, e dicendo di continuo Pater ignosce illis quia nesciunt quid faciunt, nec statuas illis hoc peccatum, tra li quali D. Francesco Maria Gaballone, non cessò mai di dire Conceptio Tua Dei Genitrix Virgo gaudium annuntiavit Universo Mundo, ed essendo quasi morto si sentivano flebilmente dire delle parole. Questo fatto fu ad ora circa nove... Nell' istessa notte fu ammazzato il barone Pietro Antonio Sambiasi a pugnalate, essendo questo di anni novantasette; morto che fu l' appesero per piedi alle furche in mezzo alla piazza e le teste delli preti le misero sopra il Seggio e gli corpi distesi a terra nella Piazza, attorno allle furche..." (cfr. De Simone, in "appunti da servire per la storia di Nardò; appunto I", in vol.20 sez. Manoscritti Bibl. Prov. Lecce. I fatti sono tratti da un manoscritto di G.B. Biscozzi che, secondo quanto sostiene il De Simone, si conserva in casa degli eredi del Not. Francesco Bona)
"...circa le ore 20 de' venti agosto fece appiccare ad un palo per piede sotto dell' orologio il detto Baroncello Sambiasi, e circa le ore 23 del detto giorno fece archibugiare nella strada detta Ranfa l' abbate Donantonio Roccamora, l' abbate Giancarlo Colucci, l' abbate Gianfilippo de Nuccio, don Francesco Maria e chierico Giandomenico Gaballone, alli cadaveri de' quali erano rimasti insepolti, fu data sepoltura a ventidue del detto mese. Assisteva all' infelici da Confalone l' abbate Benedetto Trono; il quale quando vidde che stava per essere archibugiato l' ultimo de' suddetti preti, che fu l' abbate Roccamora, alzò le voci al cielo, e piangenndo disse: Signore lava da questa terra tanto sangue innocente e sacro, e ciò dicendo, stando il cielo sereno, subito cominciò a piovere, e piovve solamente per detta sola strada di Ranfa. Avuta la notizia il Conte della morte de' detti preti, e del Baroncello, e fatto certo del miracolo occorso con detta pioggia, fece arrestare l' abbate Benedetto Trono, e col medesimo fu carcerato D. Filippo de Nuccio, che d' ordine del Conte fu legato nudo ad un palo dentro il giardino del detto Casino, esposto alli cocentissimi raggi del sole, unto di mele alle morsicature delle mosche e vespe, e da un soldato gli venivano tirati ad uno ad uno i peli della barba che portava lunga, per essere un Prete di Santa Vita, e perciò detto volgarmente il Prete peloso. All' abbate Benedetto Trono vari e molti furono li tormenti che li si dettero sotto de' quali a 28 agosto se ne mori'.
L' anzidetto abbate Gian Filippo de Nuccio che fu archibuggiato era fratello cugino al mentovato D. Filippo che morì esposto al sole, e questo era stato lo scrittore del detto memoriale.
L' abbate Trono non aveva altro delitto che d'essersi concertato e scritto in casa sua lo detto memoriale. Corsero la medesima fortuna due fratelli Sacerdoti di famiglia Pomponio per aver pigliato le difese dell' abate Trono. Il solo bombardiere fiammingo fuggì la morte, giacchè nel suo esame disse che con arte avea fatto fallire il colpo, e ne fece le pruove; poichè posto nel medesimo luogo ove stava il Conte quando il tirò la bombarda ad un uomo di paglia con in capo la berretta del Conte, il fiammingo tirò dove avea tirato la prima, e gli fe' volare da testa la barretta; indi li tirò nel petto, li riuscì felicemente e tirata la terza volta, con la prevenzione, che dovea colpirlo in fronte, li riuscì con molta ammirazione de' circostanti. Allora il Conte li donò la vita, lo regalò, e lo tenne sempre presso di sè, e lo casò in Nardò..." (cfr. De Simone, in "appunti da servire per la storia di Nardò; appunto II", in vol.20 sez. Manoscritti Bibl. Prov. Lecce).
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Furono archibugiati il 20 agosto 1647 alle odierne ore 15 (anticamente ore 19) in località "Ranfa", in un canneto dietro la chiesa dei Paolotti, ove oggi vi è Via Umberto Maddalena. Dopo archibugiati gli furono tagliate le teste. "...detti preti non mancarono, da che uscirono dal Castello, dove stavano carcerati, in sino all' ora della morte salmeggiare e dire diverse divozioni, dandosi animo uno con l' altro, e dicendo di continuo Pater ignosce illis quia nesciunt quid faciunt, nec statuas illis hoc peccatum, tra li quali D. Francesco Maria Gaballone, non cessò mai di dire Conceptio Tua Dei Genitrix Virgo gaudium annuntiavit Universo Mundo, ed essendo quasi morto si sentivano flebilmente dire delle parole. Questo fatto fu ad ora circa nove... Nell' istessa notte fu ammazzato il barone Pietro Antonio Sambiasi a pugnalate, essendo questo di anni novantasette; morto che fu l' appesero per piedi alle furche in mezzo alla piazza e le teste delli preti le misero sopra il Seggio e gli corpi distesi a terra nella Piazza, attorno allle furche..." (cfr. De Simone, in "appunti da servire per la storia di Nardò; appunto I", in vol.20 sez. Manoscritti Bibl. Prov. Lecce. I fatti sono tratti da un manoscritto di G.B. Biscozzi che, secondo quanto sostiene il De Simone, si conserva in casa degli eredi del Not. Francesco Bona)
"...circa le ore 20 de' venti agosto fece appiccare ad un palo per piede sotto dell' orologio il detto Baroncello Sambiasi, e circa le ore 23 del detto giorno fece archibugiare nella strada detta Ranfa l' abbate Donantonio Roccamora, l' abbate Giancarlo Colucci, l' abbate Gianfilippo de Nuccio, don Francesco Maria e chierico Giandomenico Gaballone, alli cadaveri de' quali erano rimasti insepolti, fu data sepoltura a ventidue del detto mese. Assisteva all' infelici da Confalone l' abbate Benedetto Trono; il quale quando vidde che stava per essere archibugiato l' ultimo de' suddetti preti, che fu l' abbate Roccamora, alzò le voci al cielo, e piangenndo disse: Signore lava da questa terra tanto sangue innocente e sacro, e ciò dicendo, stando il cielo sereno, subito cominciò a piovere, e piovve solamente per detta sola strada di Ranfa. Avuta la notizia il Conte della morte de' detti preti, e del Baroncello, e fatto certo del miracolo occorso con detta pioggia, fece arrestare l' abbate Benedetto Trono, e col medesimo fu carcerato D. Filippo de Nuccio, che d' ordine del Conte fu legato nudo ad un palo dentro il giardino del detto Casino, esposto alli cocentissimi raggi del sole, unto di mele alle morsicature delle mosche e vespe, e da un soldato gli venivano tirati ad uno ad uno i peli della barba che portava lunga, per essere un Prete di Santa Vita, e perciò detto volgarmente il Prete peloso. All' abbate Benedetto Trono vari e molti furono li tormenti che li si dettero sotto de' quali a 28 agosto se ne mori'.
L' anzidetto abbate Gian Filippo de Nuccio che fu archibuggiato era fratello cugino al mentovato D. Filippo che morì esposto al sole, e questo era stato lo scrittore del detto memoriale.
L' abbate Trono non aveva altro delitto che d'essersi concertato e scritto in casa sua lo detto memoriale. Corsero la medesima fortuna due fratelli Sacerdoti di famiglia Pomponio per aver pigliato le difese dell' abate Trono. Il solo bombardiere fiammingo fuggì la morte, giacchè nel suo esame disse che con arte avea fatto fallire il colpo, e ne fece le pruove; poichè posto nel medesimo luogo ove stava il Conte quando il tirò la bombarda ad un uomo di paglia con in capo la berretta del Conte, il fiammingo tirò dove avea tirato la prima, e gli fe' volare da testa la barretta; indi li tirò nel petto, li riuscì felicemente e tirata la terza volta, con la prevenzione, che dovea colpirlo in fronte, li riuscì con molta ammirazione de' circostanti. Allora il Conte li donò la vita, lo regalò, e lo tenne sempre presso di sè, e lo casò in Nardò..." (cfr. De Simone, in "appunti da servire per la storia di Nardò; appunto II", in vol.20 sez. Manoscritti Bibl. Prov. Lecce).
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Ultima modifica di Marcello il Gio Ago 20, 2009 5:07 am - modificato 1 volta.
Ospite- Ospite
20 agosto 1647. Per ricordare i martiri di Nardò
Ultima modifica di Marcello il Gio Ago 20, 2009 5:04 am - modificato 1 volta.
Ospite- Ospite
21 agosto 1647
Il 21 agosto rientrò in città il Guercio con i suoi figli Cosimo, Giulio e Tommaso ed oltre 500 uomini armati, per godere delle tristi azioni che egli aveva ordinato da Conversano.
Nei giorni seguenti seguirono altri arresti, fra cui il barone Baldassarre Carignano, il dottor Filippo Bonomo e Giovan Lorenzo Colucci.
I prigionieri furono condotti a Conversano e qui impiccati nella Strettola delle Forche il 4 marzo 1648.
Le loro teste furono rimandate a Nardò per essere piazzate sul Sedile il 7 marzo e qui rimanervi sino al 15 maggio. Fra queste anche quella di Stefano Gaballone, per il quale il Guercio aveva richiesto ed ottenuto 1000 ducati dalla madre con la promessa di renderlo libero.
Concludo dunque questo rapido ricordo che non può svanire dalla nostra memoria collettiva.
Avrò forse turbato il dolce relax estivo di ognuno di voi, ma sentivo l'obbligo di aiutare i neritini in particolare a fare memoria dei tanti martiri.
Ad alcuni di essi è dedicata una via della città, per tutti gli altri feci intestare una "Via Martiri Neritini del 1647".
Poca roba, lo so, ma altro non era nelle mie capacità e possibilità.
Fate leggere queste pagine ai vostri piccoli, ai ragazzi, ai maestri delle scuole elementari e agli insegnanti delle medie . Forse è giusto che oltre che celebrare il glorioso Pietro Micca ricordino e facciano ricordare anche i gloriosi martiri di Nardò.
Quando passerete da piazza Salandra, quando sosterete sotto al Sedile, ricordate anche per un solo attimo il sangue di tanti martiri che perirono per i nobili ideali di libertà e di riscatto dai soprusi, dalle angherie, dalle sopraffazioni...
Nei giorni seguenti seguirono altri arresti, fra cui il barone Baldassarre Carignano, il dottor Filippo Bonomo e Giovan Lorenzo Colucci.
I prigionieri furono condotti a Conversano e qui impiccati nella Strettola delle Forche il 4 marzo 1648.
Le loro teste furono rimandate a Nardò per essere piazzate sul Sedile il 7 marzo e qui rimanervi sino al 15 maggio. Fra queste anche quella di Stefano Gaballone, per il quale il Guercio aveva richiesto ed ottenuto 1000 ducati dalla madre con la promessa di renderlo libero.
Concludo dunque questo rapido ricordo che non può svanire dalla nostra memoria collettiva.
Avrò forse turbato il dolce relax estivo di ognuno di voi, ma sentivo l'obbligo di aiutare i neritini in particolare a fare memoria dei tanti martiri.
Ad alcuni di essi è dedicata una via della città, per tutti gli altri feci intestare una "Via Martiri Neritini del 1647".
Poca roba, lo so, ma altro non era nelle mie capacità e possibilità.
Fate leggere queste pagine ai vostri piccoli, ai ragazzi, ai maestri delle scuole elementari e agli insegnanti delle medie . Forse è giusto che oltre che celebrare il glorioso Pietro Micca ricordino e facciano ricordare anche i gloriosi martiri di Nardò.
Quando passerete da piazza Salandra, quando sosterete sotto al Sedile, ricordate anche per un solo attimo il sangue di tanti martiri che perirono per i nobili ideali di libertà e di riscatto dai soprusi, dalle angherie, dalle sopraffazioni...
Ospite- Ospite
Re: Cronaca di un eccidio a Nardò, nel 1647
Caro Marcello!!!!!
Anche l'intitolazione di una strada a ricordo di un evento così doloroso serve per i posteri... grazie per averci resi partecipi del racconto...!!!!!!
Anche l'intitolazione di una strada a ricordo di un evento così doloroso serve per i posteri... grazie per averci resi partecipi del racconto...!!!!!!
Ospite- Ospite
Re: Cronaca di un eccidio a Nardò, nel 1647
La rileggerei all'infinito la storia dei Martiri di Nardò del 1647, come la rileggo molto spesso durante l'anno almeno da quindici anni. Questa volta l'ho rivisitata attraverso le immagini e mi ci sono tuffato dentro. Mi sono calato in quel contesto e mi sono infervorato più del solito, rallegrandomi per l'audacia, la rettitudine e la santità di quei miei colleghi... impavidi difensori dei deboli. Non è solo una bella pagina di storia civica; quella del 1647 a Nardò è una pagina straordinaria di storia della Chiesa. Mentre quei preti venivano ammazzati e oltraggiati per la giustizia, seduto alla sua comoda poltrona, il vicario Giovanni Granafei non mosse un dito. Connivente col potere feudale, fece finta di niente e si adoperò come meglio riuscì per tenere nascosti quegli eventi a chi doveva prendere provvedimenti. Il vescovo di Nardò Fabio Chigi, che mai mise piede in diocesi, era troppo impegnato negli affari diplomatici per interessarsi alla "sua" gente! Di lì a qualche anno, il Granafei l'avrebbero creato arcivescovo... il Chigi papa (Alessandro VII). Funziona così, a quanto pare! Purtroppo. Ma chi come me battaglia ogni giorno nel suo piccolo per il popolo che gli è stato affidato non può dimenticare! Grandi eroi, quegli ottimi preti. Peccato che a fare notizia siano sempre le mele marce. W i MARTIRI di Nardò!
Francesco Danieli- Moderatore
- Numero di messaggi : 117
Data d'iscrizione : 07.01.09
Età : 43
Località : galatone
Re: Cronaca di un eccidio a Nardò, nel 1647
grazie di cuore Francesco per unirti al mio accorato appello a rievocare le atrocità di quel tristissimo periodo.
Sangue che gronda dalle pietre di questa città, tra l'indifferenza dei suoi cittadini che purtroppo non sono stati mai informati a dovere, nè allora nè oggi.
Lo storico cittadino, il ben noto Giovambernardino Tafuri, tacque su qui fatti, quale perfetto cortigiano di una potente famiglia che lo sosteneva e lo foraggiava. Il vicario Granafei, come giustamente scrivi, si voltò dall'altra parte e fece finta di non accorgersi che cinque suoi confratelli erano stati barbaramente uccisi.
Una scomunica per il duca fu pubblicata sul portone della Cattedrale al momento della chiusura, e il foglietto su cui era scritta fu rimosso all'alba successiva, senza che nessuno ne avesse data lettura.
Il medico Giovan Pietro Gaballone, cui avevano decimato la famiglia, si recò a piedi fino alla corte del re, in Spagna, per denunciare i tristi fatti, visto che nel Regno nessuno ascoltava i disperati appelli dei neritini, quasi tutti interessati da lutti determinati dal Guercio e dai suoi scagnozzi.
[b]Tutta la documentazione dei processi, per uno dei quali si ottenne finalmente la carcerazione del duca di Nardò, sono conservati nell'archivio della Corona nel castello di Simancas, in provincia di Valladolid. Sono andato fin là a scartabellarli, a rendermi conto delle reali condizioni della città in queglianni. Quante false testimonianze, quante mistificazioni, quanta vergogna gettata sulla popolazione inerme di Nardò, costretta a subire, sola, contro tutto e tutti, l'ira funesta del truce despota, carnefice, avido matricida.
Dovessi raccontarti, caro Francesco, quel che provai nello sfogliare quei faldoni mi emoziona ancora, forse più di quanto provai allora... ma meglio non andare oltre. E' tempo di vacanze.
Nella tua preghiera quotidiana ti chiedo solo di ricordarti oggi, alle 15, del loro glorioso martirio e di ripetere con loro, con me e con quanti lo vorranno dei lettori di questo forum "Padre, perdona loro...". Le tue preci saranno più efficaci delle nostre nel concedere a quegli esemplari cittadini la meritata gloria...
Sangue che gronda dalle pietre di questa città, tra l'indifferenza dei suoi cittadini che purtroppo non sono stati mai informati a dovere, nè allora nè oggi.
Lo storico cittadino, il ben noto Giovambernardino Tafuri, tacque su qui fatti, quale perfetto cortigiano di una potente famiglia che lo sosteneva e lo foraggiava. Il vicario Granafei, come giustamente scrivi, si voltò dall'altra parte e fece finta di non accorgersi che cinque suoi confratelli erano stati barbaramente uccisi.
Una scomunica per il duca fu pubblicata sul portone della Cattedrale al momento della chiusura, e il foglietto su cui era scritta fu rimosso all'alba successiva, senza che nessuno ne avesse data lettura.
Il medico Giovan Pietro Gaballone, cui avevano decimato la famiglia, si recò a piedi fino alla corte del re, in Spagna, per denunciare i tristi fatti, visto che nel Regno nessuno ascoltava i disperati appelli dei neritini, quasi tutti interessati da lutti determinati dal Guercio e dai suoi scagnozzi.
[b]Tutta la documentazione dei processi, per uno dei quali si ottenne finalmente la carcerazione del duca di Nardò, sono conservati nell'archivio della Corona nel castello di Simancas, in provincia di Valladolid. Sono andato fin là a scartabellarli, a rendermi conto delle reali condizioni della città in queglianni. Quante false testimonianze, quante mistificazioni, quanta vergogna gettata sulla popolazione inerme di Nardò, costretta a subire, sola, contro tutto e tutti, l'ira funesta del truce despota, carnefice, avido matricida.
Dovessi raccontarti, caro Francesco, quel che provai nello sfogliare quei faldoni mi emoziona ancora, forse più di quanto provai allora... ma meglio non andare oltre. E' tempo di vacanze.
Nella tua preghiera quotidiana ti chiedo solo di ricordarti oggi, alle 15, del loro glorioso martirio e di ripetere con loro, con me e con quanti lo vorranno dei lettori di questo forum "Padre, perdona loro...". Le tue preci saranno più efficaci delle nostre nel concedere a quegli esemplari cittadini la meritata gloria...
Ospite- Ospite
Re: Cronaca di un eccidio a Nardò, nel 1647
Be', Marcello, non si può dire che tu abbia fallito il tuo scopo: sono qui con la gola chiusa dall'angoscia e il cuore trasportato indietro nel tempo a soffrire con quella gente inerme il sopruso allucinante subito e lo strapotere dell'arrogante feudatario!!
Il quale del resto, se ben ricordo, e almeno uno dei suoi figli con lui (Cosimo, assassinato), non ebbe certo una buona fine, ma che magra consolazione!!
La scoperta di questo libro a fumetti mi ha dato una grande gioia: dimostra infatti di come sia possibile insegnare questa materia, così ostica per i ragazzi, in modo coinvolgente, appassionante, commovente e al tempo stesso di una precisione impeccabile.
Avevo già sperimentato una simile emozione con l'impareggiabile Maus, di Art Spiegelman...
Hai tutta la mia ammirazione!!!! E complimenti anche al bravo disegnatore!!
Il quale del resto, se ben ricordo, e almeno uno dei suoi figli con lui (Cosimo, assassinato), non ebbe certo una buona fine, ma che magra consolazione!!
La scoperta di questo libro a fumetti mi ha dato una grande gioia: dimostra infatti di come sia possibile insegnare questa materia, così ostica per i ragazzi, in modo coinvolgente, appassionante, commovente e al tempo stesso di una precisione impeccabile.
Avevo già sperimentato una simile emozione con l'impareggiabile Maus, di Art Spiegelman...
Hai tutta la mia ammirazione!!!! E complimenti anche al bravo disegnatore!!
Valentina- Numero di messaggi : 442
Data d'iscrizione : 30.01.09
Età : 58
Località : Lecce
Re: Cronaca di un eccidio a Nardò, nel 1647
Trepido pure io, quando posso leggervi
Un caro saluto a tutti
Un caro saluto a tutti
Ospite- Ospite
Re: Cronaca di un eccidio a Nardò, nel 1647
Onore ai Martiri di Nardò! Dovrebbero essere ricordati ogni anno come quelli di Otranto. Dopo quello che avevo postato su quanto era avvenuto nel castello di Copertino, dove il Guercio era accampato prima di marciare su Nardò, non potevo che aspettarmi una così atroce conclusione! Questa é la vera storia delle nostre cittadine, trattata nei secoli con un oblio vergognoso. E su quanto ha puntualizzato don Francesco, si smetta di imporre o suggerire pietosi silenzi!
Fernando- Moderatore
- Numero di messaggi : 346
Data d'iscrizione : 09.01.09
preghiera per tasmanian
E' possibile avere la traduzione letterale della poesia? Sai com'è , noi dell'entroterra siamo testardi. Grazie.
Gianni- Numero di messaggi : 258
Data d'iscrizione : 03.01.09
Età : 72
Località : alessandria/lecce
Re: Cronaca di un eccidio a Nardò, nel 1647
Gianni ha scritto:E' possibile avere la traduzione letterale della poesia? Sai com'è , noi dell'entroterra siamo testardi. Grazie.
Ci provo:
O coro, o antichi scranni anneriti dal tempo,
di due secoli e più! - I sacerdoti,
sante persone, stavano qui seduti,
recitando orazioni; i devoti
qui vicino erano pure inginocchiati
e, più in mezzo tra molti gendarmi,
stava il Conte con gli occhi spalancati
sopra a donne e uomini raccolti.
Quei canonaci tanta compassione sentivano del popolo affamato
che dissero al Conte: "Non sono buone le tasse che stai mettendo .... è peccato"
Sapete come rispose il birbone?
"Il capitolo sia tutto imprigionato!"
Don Giovanni Colucci e Benedetto Trono, Nuccio Filippo e Roccamora,
due Gabelloine e due Pomponio
al Castello di notte furono portati in silenzio.
Quale mai delitto abiamo compiuto che tanto ci disonori?
Disse il Conte" "muoia fucilato
chi al Re contro di me, ha stilato ricorsi!"
E di pomeriggio avanzato, il venti di agosto,
dietro il quartire di "Rranfa" (il cielo ne piangeva)
fece fucilare quei santi uomini.
Oggi, se ancora, passo da quel posto,
pensando a quelli innocenti ed a quel giorno,
sento ancora rizzare i capelli in testa.
Una traduzione improvvisata! Senza rispetto per la metrica. Spero sia sufficiente.
tasmanian- Numero di messaggi : 149
Data d'iscrizione : 22.01.09
Età : 84
Località : Nardò
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